Giancarlo Bova,
Le pergamene aragonesi della Mater
Ecclesia Capuana (1449-1454),
iv,
Palladio, Salerno 2020, pp. 651.
È stato
pubblicato or ora il iv
volume delle pergamene aragonesi
dell’Archivio Arcivescovile di Capua, a
opera di Giancarlo Bova. Il lavoro è
preceduto da un’ampia introduzione storica e
contiene l’edizione critica di circa
duecento pergamene dell’Archivio
Arcivescovile di Capua e alcune del Museo
Campano. L’Autore, ben noto per alti meriti
alla comunità scientifica di tutto il mondo,
è un medievista che lavora sul campo,
pressoché unico utente dal 1985 in poi degli
Archivi capuani, con una competenza unica
nella storia del territorio, attraverso la
conoscenza di scienze fondamentali per la
medievistica (diplomatica, paleografia,
archivistica, cronologia, filologia
medievale e umanistica). Bova dirige il “Corpus
Membranarum Capuanarum”, una
Collezione di fonti storiche inedite,
rigorosamente storicizzate e fondamentali
per la storia della diocesi di Capua, che
raccoglie finora in 17 volumi l’edizione di
circa 1700 pergamene inedite: longobarde,
normanne, sveve, angioine e aragonesi di
Capua e di Terra di Lavoro. Bova
pertanto è il maggiore esperto della storia
locale dei conquistatori citati, come è
possibile constatare dalla lettura di
centinaia e centinaia di pagine originali,
scritte nelle imponenti introduzioni
storiche ai suoi volumi. In particolare è
fondamentale il suo contributo alla storia
degli Angioini a Capua.
Il
Corpus, pubblicato tra molti ostacoli
e a spese dell’Autore, è seguito da un
numero impressionante di Università e Centri
di Ricerca di Storia Medievale di tutto il
mondo, fra cui si sono aggiunti nel 2020 l’IstitutoStorico Italiano per il Medio Evo
(Roma), il Laboratoire de
Médiévistique Occidentalede l’Université
Pantheon-Sorbonne de Paris, il Centre d’ÉtudesSupérieures de
Civilisation Médiévale de l’Université de
Poitiers e l’Istituto
Internazionale di Storia Economina “Datini”
di Prato. Del Comitato Scientifico
Onorario fanno parte Accademici di tutti i
Paesi, tra cui alcuni membri dell’Accademia
dei Lincei (Roma). «Bova ha fatto
conoscere in tutto il mondo la storia di
Capua e di Terra di Lavoro» (Balard,
Sorbonne), aprendo così la strada a
tanti appassionati che lavorano di seconda
mano.
Nell’introduzione, ben articolata, lo
studioso tratta dei rapporti tra la Capua
Vetere (oggi S. Maria Capua Vetere) e
i Siriaci, appellati nelle fonti
locali Surici, o Surii (ex
Suria, de Suria = dalla
Siria). La più antica citazione è nel
titolo della ecclesia S. Marie
cognomentoSuricorum (879-880),
cioè dei Siriaci. Oggi, grazie agli studi di
Bova, sostenuti tra l’altro dal
Reallexicon für Antike und Christentum,
viene comunemente affermato che «Ebrei e
Siriani vivevano a Capua». I Surici,
in origine ebrei convertiti di Siria, poi
furono confusi con i sullici (topi),
a causa della campagna antisemita promossa
dagli Aragonesi. Bova, a tale proposito,
ricorda per la prima volta come anche la
campagna politica hitleriana dipinse gli
ebrei come topi, accostamento indegno e
odioso, forse dovuto proprio alla diffusione
nel mondo germanico, attraverso i
longobardi, della leggenda dei
sullici dell’antica Capua.
Lo
studioso, dopo aver consultato centinaia di
pergamene inedite, aggiunge una fondamentale
e inedita biografia dell’arcivescovo
Giordano Gaetano (1447-1496), che incoraggiò
artisti locali, tra cui sono citati per la
prima volta i pictoresIohannellusdePhilippo (di Capodrise),
GregoriusTamborrinus (di Capua)
e FidelisTamorrinus (di
Capua?). Tra i molti meriti del prelato c’è
anche quello di aver fatto stampare nel 1489
a Capua il Breviarium Capuanum e di
aver promosso la riparazione del vecchio
campanile della basilica di S. Maria
Maggiore (iv-v
sec.) nella Capua Vetere, antica cattedrale
della diocesi (poi concattedrale),
dopo la distruzione della Costantiniana (oggi
chiesa di S. Maria delle Grazie).
In seguito la sede vescovile fu trasferita
nell’attuale Capua (metà
ix sec.). Il mosaico pavimentale del battistero di S. Maria
Maggiore (inizi
vi
sec.) è collegato da Bova alla simbologia
della Pasqua: «È stato merito del Bova
collegare il mosaico con la simbologia della
Pasqua» (Mario Pagano). Il motivo è una
stella a otto punte (“Io sono la luce del
mondo” Gv. 8,12), al cui centro c’è
un’aquila su un pesce, simbolo dell’anima
che viene salvata. L’Autore, riprendendo
alcuni suoi studi originali degli anni ’90,
tratta inoltre della Perdonanza di S.
Maria del 1° agosto, cioè dell’IndulgenzaPlenariaperi vivi,
che papa Leone
i
avrebbe concesso alla basilica il 1° agosto
460. Al 1471 risale la versione scritta
della Leggenda del principe lebbroso
(da cui trae origine la Perdonanza
stessa), elaborata in Aversa da Loise De
Rosa. Il 1° agosto degli anni tra il 1487 e
il 1490 presenziò alla Perdonanza il
re Ferrante
i
d’Aragona. Gregorio
xiii
nel 1580 concesse alla basilica mariana
anche l’IndulgenzaPlenaria
per i defunti. Il tempio diventava così
una chiave del Paradiso!
Lo studioso evidenzia per la prima volta
anche l’esistenza nella nuova Capua di
alcune corporazioni di arti e mestieri,
finora sconosciute: i misteria speciarie,
i misteriaarmeriietcultellerii, le artes
scalasie e le artescampietorti. Non è mai documentata
però una corporazione di serici
(setaioli). Interessante il ricorso del
Capitolo della cattedrale di Roccamonfina
all’arcivescovo di Capua contro il vescovo
di Teano, in cui è citata per la prima volta
una VisitaPastorale. Bova, da
documenti inediti, tratta poi dei maestri e
procuratori dell’Annunziata di Capua e di
Marcianise, nonché del “bastoniere”.
Non manca un cenno a S. Venera, della quale
già nel 2004 il nostro studioso aveva
trovato una reliquia nella chiesa di S.
Pietro in Corpo a S. Maria C. V.
L’Autore tratta inoltre del sito della
basilica costantiniana nell’antica Capua.
Egli ricorda come il Granata nel 1766 vide i
mosaici dei Ss. Pietro e Paolo nella chiesa
di S. Maria delle Grazie, non in quella di
S. Pietro ad Corpus, come nel 1757
aveva sostenuto erroneamente il Pratilli,
noto falsario. Bova, riprendendo un suo
studio originale del 2018, ricorda ancora
una volta che l’attuale Capua, il 20 maggio
1574, concesse per la costruzione della
chiesa dell’Annunziata in Marcianise «150
carra di pietre rotte de bascio delli
Borlasci della città». Si tratta delle
pietre del primo piano, così quasi del tutto
smantellato, dell’anfiteatro dell’antica
Capua! Avevano resistito per tanti secoli!
Le
opere di Bova non sono esenti da pirateria
scientifica da parte di improvvisatori. Ben
altra cosa sono i plagiari veri e propri,
che, con riassunti e tagliaeincolla di paragrafi e apparati
critici, hanno riprodotto le sue opere sia
nel web sia a stampa. È appena il caso di
ricordare che la legge sul diritto
d’autore (L. 633/41), all’art. 70,
consente solo il diritto di “breve
citazione”, che è tutt’altra cosa
dalla riproduzione totale del testo, anche
per riassunto. Non è consentito il riassunto
dell’opera intera, ma solo una parte di
essa, purché vengano citati la fonte e
l’Autore, fermo restando l’autorizzazione di
quest’ultimo, sempre che tali citazioni non
costituiscano concorrenza all’utilizzazione
economica dell’opera stessa! Le vertenze
sono trattate in Tribunale.
Bova
ha pubblicato per la prima volta anche studi
originali relativi al Sacco di Capua,
ai centri di S. Angelo Informis,
San Prisco, Casagiove,
Casapulla, Gaiano, Cuccagna,
Recale, Pontelatona,
Pantuliano, Marcianise, alle
proprietà del monastero di S.
Giovanni delle Monache, ad alcunefontane di Capua, alla
coltivazione del lino e della canapa in
Terra di Lavoro, agli Archivi di Capua. Lo
studioso tra l’altro nel 2017 ha pubblicato
una pergamena del 1285, in cui è citato per
la prima volta Agostino Boccaccio,
che aveva una terra fuori Porta Roma a
Capua, che coincideva all’incirca con quella
che nel 1339 terrà in fitto Giovanni
Boccaccio. Tenuto conto che un ramo
della famiglia de Aquino
viveva, oltre che a Napoli e altrove, anche
a Capua fin dal
x
sec., Bova ipotizza per la prima volta che
Giovanni Boccaccio abbia potuto frequentare
Laura de Aquino (Fiammetta)
anche a Capua, oltre che a Napoli.
Ci è giunta proprio ora la notizia che il
Prof. Bova è stato invitato in Romania
dall’insigne medievista, prof. Ioan-Aurel
Pop, Presidente dell’Accademia di Romania e
Rettore dell’Università Babeş-Bolyai.